Da ricco che era si è fatto povero
Verso il Natale con le riflessioni proposte dalle Sorelle Clarisse di Carpi: San Francesco e il mistero dell’incarnazione
delle Sorelle Clarisse
In questo tempo d’Avvento ci accompagneranno ogni domenica le Sorelle Clarisse del monastero di Santa Chiara in Carpi con un approfondimento dedicato al tema dell’attesa, caratteristico di questo tempo liturgico, e ad una sua lettura secondo la spiritualità di Francesco e Chiara d’Assisi. Eccoci alle porte di questo nuovo Avvento. Con il desiderio di vivere in comunione con voi, lettori di Notizie, l’attesa del Natale, noi sorelle Clarisse abbiamo pensato di lasciarci accompagnare da San Francesco, cercando di riconoscere cosa ha significato per lui l’attesa di Colui che sempre viene e l’accoglienza del mistero dell’Incarnazione.
Nella biografia che Tommaso da Celano scrive del Santo d’Assisi, si dice che “Al di sopra di tutte le altre solennità celebrava con ineffabile premura il Natale del Bambino Gesù” ( Vita seconda Celano FF787). Chiamandola “festa delle feste” Francesco amava il Natale poiché “sebbene il Signore abbia operato la nostra salvezza nelle altre solennità, fu dal giorno della sua nascita che egli si impegnò a salvarci” ( Compilazione di Assisi, FF1560). Tanto grande era in lui il desiderio di celebrare degnamente questa festa che un giorno, rispondendo a dei frati che si chiedevano se fosse opportuno mangiare carne nel giorno di Natale, nonostante fosse venerdì quell’anno, Francesco rispose: “Voglio che in un giorno come questo anche i muri mangino carne, e se questo non è possibile, almeno ne siano spalmati all’esterno” ( Vita seconda Celano, FF787). Unarisposta come questa ci può sembrare sopra le righe, eppure per Francesco, ogniqualvolta si tocca ciò che più gli sta a cuore, tutta questa esagerazione si fa necessaria, e nulla è caro a Francesco quanto l’umiltà del Dio che per amore si è fatto povero. Ciò che appassiona, che converte Francesco e su cui insiste fino alla commozione è la modalità dell’incarnazione del Figlio di Dio. Egli non solo si è fatto uomo. Il Re dei re si è fatto povero, si è fatto piccolo, si è fatto bisognoso.
Umiltà che lo sconvolge proprio perché consapevole della maestà del Verbo di Dio che si è abbassato, “da ricco che era, si è fatto povero” (2Cor 8,9) Francesco contempla l’amore e si accorge che questo è il suo movimento: l’amore scende. Dal grande al piccolo, dal ricco al povero, dall’alto al basso. Sempre l’amore si muove su questi passi, che diventano per Francesco lo stile, la forma con cui egli impara a riconoscere l’impronta di Dio. Questo lo porta alla consapevolezza che anche ora, per ognuno, e in ogni tempo, l’incarnazione continua nella celebrazione dell’eucarestia.
“Ecco, ogni giorno egli si umilia, come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine; ogni giorno egli stesso viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del Padre sull’altare nelle mani del sacerdote” ( Ammonizioni I, FF144) Questo è ciò che scrive in una delle ammonizioni che egli lascia ai suoi frati, stupito di fronte al dono quotidiano che rende Dio così vicino a noi. La meraviglia che Francesco vive a Greccio di fronte al presepe diventa la stessa che possiamo vivere ogni giorno davanti all’altare, nell’eucarestia, lasciandoci accompagnare dalle sue parole: “Tutta l’umanità trepidi, l’universo intero tremi e il cielo esulti, quando sull’altare, nella mano del sacerdote, è presente Cristo, il figlio del Dio vivo. O ammirabile altezza e stupenda degnazione! O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore dell’Universo, Dio e figlio di Dio, si umili a tal punto da nascondersi, per la nostra salvezza, sotto poca apparenza di pane!” ( Lettera a tutto l’Ordine, FF221) L’incontro con questo abbassarsi di Dio ha segnato così profondamente Francesco da dar forma alla sua stessa vita e a quella dei suoi fratelli: essere minori, sottomessi a tutti, poveri.
L’amore che scende interroga ancora anche le nostre esistenze, nelle aspirazioni di salita e negli abbassamenti che la vita ci impone, invitandoci ad abbassarci non come sotto un peso che ci opprime, ma coinvolti in un movimento di discesa che è spinto dall’Amore. Ed è proprio qui, al fondo di esso, che possiamo ritrovare il piccolo di Betlemme, fonte di comunione con il Padre e con ogni fratello.