Quella misericordia che aiuta a crescere
In cammino durante la Quaresima con le riflessioni sulla fraternità proposte dai Fratelli di San Francesco: la fraternità e i poveri
di Fra Giuseppe, Fratelli di San Francesco
Continuando le nostre riflessioni sulla fraternità, questa settimana vogliamo considerare i poveri e due tipi di povertà, chiedendoci: come essere fratelli di coloro che, per vari motivi, sono più svantaggiati?
In genere, l’indigenza più evidente è quella delle donne e degli uomini che vivono nella penuria di beni e che incontriamo ai semafori, nei parcheggi, davanti ai supermercati, dove ci viene chiesto qualche spicciolo. Spesso non conoscendo queste persone, ci troviamo in difficoltà, chiedendoci che fine farà la nostra eventuale offerta. E’ un bell’esempio quello del gestore di una trattoria, il quale quando arrivava un povero a chiedere l’elemosina, gli proponeva di spazzare il parcheggio o la zona dei tavoli all’aperto, ricompensandolo poi con un pasto, fermandosi con lui a chiedere se aveva fratelli o sorelle, se aveva ancora i genitori, da quanto tempo non vedeva i suoi cari. Questo gesto non è sterile assistenzialismo ma incentivo per lavorare dignitosamente e responsabilmente, guadagnandosi da vivere e soprattutto è un gesto di fine sensibilità umana. Certo è un piccolo episodio, ma pur sempre significativo per sollecitare quell’uomo alla cura della propria esistenza e del proprio avvenire.
Noi semplici cittadini non possiamo incidere a livello pubblico e con le nostre singole iniziative non riusciamo a risolvere il problema lavorativo di tanti disoccupati e di tanti bisognosi esasperati dalle difficoltà; non siamo chiamati a dare queste soluzioni, possiamo, invece, offrire un’altra risposta, accogliendo con calore umano chi viene da lontano ed è solo, senza familiari con cui condividere una condizione precaria. Per ognuno di noi è importante dare aria alla creatività e all’ingegno, facendo ciò che è possibile attraverso una intraprendenza fraterna che va oltre la diffidenza e crea occasioni di vicinanza.
C’è, poi, una povertà difficile da comprendere e accogliere che, se non si affronta adeguatamente, porta al disprezzo o all’indifferenza verso coloro che ne sono vittime. Si tratta della povertà morale di chi non si comporta conformemente ai principi di ciò che è bene, di chi non si comporta secondo le norme di condotta della giustizia e dell’onestà. Anche qua riporto l’esempio della volontaria di una associazione caritativa, impegnata nell’aiutare un uomo che non voleva lavorare per mantenersi. La donna, pur non cadendo nel giudizio di fannullone o parassita, ha assunto un atteggiamento severo e rigoroso, senza compromessi e indulgenze riguardo al valore e alla necessità del lavoro, per stimolarlo a prendersi le sue responsabilità e nello stesso tempo ha mantenuto una stretta relazione d’aiuto animata da modi concilianti per fargli percepire quanto ci tenesse alla sua vita e per favorire un buon rapporto umano di fiducia reciproca. Potremmo riassumere questo comportamento con la frase di un autore: “La giustizia senza misericordia è arida, la misericordia senza giustizia è disonorante”.
In queste relazioni non c’è mai un dare a senso unico da parte di chi aiuta e un ricevere passivo da parte di chi riceve, se questi rapporti vengono tenuti nella consapevolezza del valore fondamentale della persona umana che ci accomuna e ci rende solidali. Ci può sempre essere scambio di ruoli tra chi dona e chi riceve, tra chi insegna e chi apprende, perché la fratellanza offre sempre sorprese a chi si pone in ascolto sincero e desideroso di conoscere.
Pace e bene!