Divina Commedia: un cammino dentro se stessi
Intervista al giovane insegnante e studioso Luca Gherardi.
Nel mezzo del cammin di nostra vita/ mi ritrovai per una selva oscura/ ché la diritta via era smarrita…”. Il 25 marzo, data che la maggior parte degli studiosi riconosce come l’inizio del viaggio ultraterreno della Divina Commedia, si celebra il Dantedì, la giornata nazionale di Dante Aligheri, quest’anno evidenziata dal settecentenario della sua morte.
La ricorrenza è spunto per una conversazione con Luca Gherardi, 36 anni, insegnante di italiano e storia al liceo scientifico Morandi di Finale Emilia, relatore, fin da giovanissimo, in varie iniziative di argomento dantesco nel nostro territorio. Un amore per la Commedia, il suo, nato al liceo, proseguito all’Università di Bologna tramite gli approfondimenti con maestri quali Emilio Pasquini, Giuseppe Ledda, Andrea Battistini e Daniela Branca, e culminato con la tesi in filologia e critica dantesca. Dal 2007 è socio della Società Dante Alighieri.
Professor Gherardi, com’è possibile che, a distanza di 700 anni dalla morte di Dante, la sua esperienza poetica mantenga un carattere di così profonda attualità?
L’inizio del viaggio nell’aldilà è per Dante l’inizio di un cammino, ben più impegnativo, in se stesso. Così come sarebbe impegnativo per chiunque volesse davvero intraprenderlo per osservarsi, per scoprire i lati più bui e quelli più sublimi del proprio io. Siamo esseri umani: abbiamo la propensione all’errore e al vizio, unitamente all’intramontabile tendenza a giudicare gli errori e i vizi degli altri; più difficilmente i nostri. Ecco perché l’Inferno è la cantica più amata.
Certamente la lingua è più semplice; ma ci sentiamo più a nostro agio fra i cerchi e le bolge, di quanto non avvenga nei cieli contemplativi del Paradiso. Dante, con il suo viaggio, permette a chi decidesse di seguirne le orme, di individuare gli aspetti più bui del proprio carattere, di fare i conti con essi e, di conseguenza, di migliorarsi. Con tanta fatica, così come è faticoso per lui salire fino alla cima del Purgatorio, dove la ragione – Virgilio – lascia il passo all’amore – Beatrice. E in Dio, nella parte umana di Dio, Dante ritrova il proprio volto, così come ognuno di noi ritroverebbe il proprio: ritrova se stesso e si salva. Come uomo e come cristiano.
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