Il servizio civile chiamò!
Bando 2021 - Simone Ghelfi, direttore dell’oratorio Eden, e Serena Galli, ex operatrice, illustrano il tipo di percorso
di Francesco Agliata
La rilevanza di un’esperienza lunga un anno come operatore del servizio civile comporta delle responsabilità, che però si assottigliano se si guarda questo impegno come un arricchimento personale e interpersonale. Lo spiega in modo eloquente Simone Ghelfi, direttore dell’oratorio cittadino Eden e dell’Uffi cio pastorale giovanile.
Che valutazione e importanza dà al servizio civile?
Il servizio civile innanzitutto è un’esperienza significativa per tutti i ragazzi volenterosi e speranzosi in un futuro di fratellanza, strettamente collegato all’ambito educativo. La crescita può verificarsi anche in un periodo di riflessione, quando non si sa bene cosa fare nel futuro, infatti il servizio civile non è una “perdita di tempo”, ma un lavoro vero e proprio che fornisce insegnamenti utili e da non sottovalutare, sui quali poi poter costruire.
Che tipo di competenze lascia il servizio civile e che utilità ha?
Il servizio civile trasmette non solo utilità pratiche ma anche spirituali, come ad esempio la testimonianza e l’ascolto. Non è scontata la dimensione della “socialità” dalla quale scaturisce un rapporto umano utilizzabile con tutti e non solo per tornaconti personali. Curare relazioni umane significa cambiare prospettiva, non vivere in un mondo “cotonato” e aprire orizzonti propedeutici a rapporti di qualsiasi tipo.
Perché bisognerebbe impegnarsi nel servizio civile, secondo lei?
Personalmente, penso che fare un’esperienza di tale spessore possa donare continuità, organizzazione e motivazione utili per qualsiasi sfera: lavorativa, personale e familiare. Dedicare tempo ad una esperienza umanamente gratifi cante può dare in cambio un legame di amicizia o un ricordo che segna, da custodire nel bagaglio della vita e da estrarre e fare valere nei momenti di testimonianza e condivisione.
Serena Galli, ex collaboratrice del servizio civile, ha provato sulla sua pelle questa esperienza che ha segnato, e continua a segnare, la sua vita dal punto di vista umano e professionale. Come dimostra la sua testimonianza intrisa di commozione.
Serena, che cosa ti ha lasciato il servizio civile?
E’ stata un’esperienza che mi ha arricchita sotto molto aspetti: innanzitutto, ho imparato ad osservare la realtà circostante con un nuovo sguardo, ovvero quello dei ragazzi. Prima di questa esperienza, infatti, non conoscevo bene le loro passioni e non sapevo come i giovani di oggi vivono l’adolescenza, una fascia di età alquanto bella ma complessa. Tra gli altri aspetti, questa esperienza mi ha dato la possibilità di conoscere ragazzi e ragazze che svolgevano il servizio a Modena: si è creato un bellissimo clima familiare, infatti siamo rimasti in contatto. Infine, il servizio civile mi ha dato la possibilità di svolgere la ricerca che avevo iniziato per la mia tesi di laurea in Scienze dell’Educazione:
per me è stato molto importante riuscire a collegare il mio percorso di studi con questa esperienza, ed è stato molto bello perché sembrava di mettere in pratica gli studi che stavo svolgendo.
Qual era il ruolo che ti hanno assegnato e come ti sei trovata?
Il ruolo che mi era stato assegnato era l’affiancamento agli educatori del circolo “Inchiostro” e del doposcuola “Hip-hop”, due realtà appartenenti all’associazione Effatà onlus presenti all’interno dell’oratorio Eden di Carpi. Presso il circolo aiutavo gli educatori ad animare le attività ludico-ricreative rivolte ai ragazzi (quali ad esempio tornei di calcio, di basket ) e ad accogliere le persone che entravano in oratorio; all’“Hip-hop” ho affiancato gruppi di bambini e ragazzi delle scuole primarie di primo e di secondo grado nello svolgimento dei compiti. Passato un primo e breve periodo di conoscenza mi sono sentita ben accolta e a mio agio da subito: oltre agli educatori, anche i ragazzi mi spiegavano che tipo di posto era il circolo e come funzionavano le varie attività. Quindi, indubbiamente, mi sono trovata molto bene a svolgere qui il servizio. È interessante ascoltare i ragazzi quando parlano della loro esperienza scolastica: oltre a far emergere i bei momenti, espongono anche quali sono le difficoltà, e questo può aiutare sia gli educatori che gli insegnanti a migliorare e ad innovare il metodo di insegnamento scolastico.
Un anno è davvero lungo, come hai fatto a mantenere l’impegno per tutto questo tempo? Lo consiglieresti?
Sicuramente è stato un po’ faticoso lavorare e studiare contemporaneamente, ma quando si ama ciò che si sta facendo la stanchezza si sente meno. Consiglio vivamente il servizio civile ad altri ragazzi: è un’esperienza che riesce a far uscire dalla propria zona di comfort, aiuta a mettersi in gioco, a crescere e a scoprire nuovi lati di se stessi; è un’esperienza dove riesci a dare tanto e contemporaneamente a ricevere altrettanto se non di più.